Ecco come possiamo evitarlo
I lavori dell’equipe Prof. Sbordone pubblicati (rispettivamente sulla rivista Clinica ”Oral Implants Research” nel settembre 2016 e sulla rivista Clinica “Implant Dentistry and Related Research” nel dicembre 2017 parlano chiaro: “Dopo l’estrazione dentaria, l’osso “alveolare” si riassorbe perché non più sottoposto alle stimolazioni date dalla presenza del dente”.
Questo significa che il tessuto osseo, e un eventuale impianto che viene inserito nello stesso, hanno vita breve se lei non prende provvedimenti.
Mi permetta di fare una considerazione: già le cliniche dentali stanno attraendo i pazienti tanto sudati da alcuni odontoiatri con anni di studio e duro lavoro, per non parlare del fatto che sempre meno italiani vanno a farsi visitare da un odontoiatra (dati Ansa 2018).
Sarebbe meglio non si spargesse anche la voce che i trattamenti di alcuni clinici hanno una vita inferiore rispetto a quelli di altri.
Verrebbero veicolati alle cliniche dentali ulteriori pazienti oltre al generare un danno d’immagine alla categoria.
Ma non deve preoccuparsi, sto per condividere con lei come risolvere il problema del riassorbimento osseo, o meglio, come lo hanno risolto gli studi dell’equipe del Prof. Ludovico Sbordone (Presidente del Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria dell’Università degli Studi di Salerno e socio attivo della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia).
Basta inserire, nell’alveolo che ospitava il dente, del biomateriale di origine bovina prima dell’impianto.
Nello studio del 2016, i risultati a sei mesi hanno dimostrato che l’utilizzo del tessuto osseo bovino, inserito nell’alveolo post estrattivo, si associa in media a un riassorbimento osseo del 9,9%, contro un riassorbimento più importante del 34,8% per i siti in cui, dopo l’estrazione, non viene inserito nessun biomateriale.
I risultati sono stati confermati nel 2017.
Sbordone conclude che l’osso di derivazione bovina sembra quindi in grado di contrastare efficacemente il riassorbimento osseo post estrattivo.
Esistono anche altri tipi di biomateriali ma quello bovino è il più studiato in ambito clinico e quindi il più sicuro.
ORA LE SI PRESENTANO 4 SCELTE
Numero 1: Non utilizzare biomateriali né membrane e dimenticarsi di questo documento.
Esiste la forte possibilità (io non sono un professore universitario quindi non me la sento di affermare che accadrà sicuramente) che i suoi trattamenti abbiano
vita meno longeva e, in tal caso, se ne spargerebbe velocemente la voce.
I pazienti, se questa complicanza si verificasse, la abbandonerebbero per dare la loro fiducia a chi, utilizzando dei biomateriali in associazione alle membrane, offre trattamenti maggiormente predicibili.
Purtroppo, quando accadono cose simili, solitamente ci si ricorda di tutto quello che ci avrebbe potuto salvare dal cadere in errore.
Certamente si ricorderebbe di questo documento e si attribuirebbe la responsabilità per non aver ascoltato gli studi del collega.
Spero non le accadrà mai, ma avrà sentito anche lei di colleghi che in questi casi sono stati costretti a fare delle rinunce rispetto al loro normale stile di vita.
Non vorrei che nessuno si trovasse in questa situazione, è proprio avvilente.
Numero 2: utilizzare biomateriali che non siano in tessuto osseo bovino.
Meglio di prima certamente, infatti i suoi lavori saranno più longevi.
Purtroppo, però, altri materiali non sono così studiati come l’osso di origine bovina e sono a mio avviso meno sicuri.
Inoltre, la espongono a rischi e incertezze che è meglio evitare.
Ovviamente, mi esprimo sempre in prima persona in quanto non ho l’autorità del Prof. Sbordone, ci tengo a ribadirlo.
Parlando di sicurezza per il paziente a più ampio raggio, pensi che le membrane in pericardio bovino vengono utilizzate anche in cardiochirurgia.
È abbastanza indicativo che questo animale sia studiato e reputato così sicuro e performante anche in quell’ambito.
Certo, esiste come opzione per la rigenerazione ossea anche l’osso autologo ma presenta varie criticità.
Non sempre è presente in misura sufficiente, a volte, come sa, richiede di interventi più complicati rispetto a quelli necessari per inserire altri materiali… in buona sostanza l’opzione autologa non rende sempre felice né lei né il suo paziente, quindi forse è meglio evitarla.
Numero 3: utilizzare biomateriali in osso bovino trattato ad alta temperatura.
I suoi interventi saranno duraturi e i suoi pazienti contenti… almeno in parte.
Infatti, il trattamento ad alta temperatura rende sì stabile l’innesto, ma lascia il paziente con un residuo margine di biomateriale nella cavità orale.
Non so come la pensa lei, ma le assicuro che molti pazienti preferirebbero una più alta percentuale di osso proprio piuttosto che di biomateriale.
Numero 4: utilizzare biomateriali in osso bovino trattato a bassa temperatura (ovvero RE-BONE) e membrane in pericardio bovino (SHELTER).
A differenza degli altri procedimenti, il trattamento a bassa temperatura di RE-BONE lo rende il solo biomateriale in tessuto osseo bovino quasi totalmente in grado di cedere gradualmente il posto al nuovo tessuto generato dall’organismo del paziente.
Inoltre, RE-BONE elimina i rischi di trasmissione di patogeni all’uomo grazie al fatto che per crearlo sono utilizzati solo animali che vengono macellati dopo i 24 mesi.
Infatti, dopo i 2 anni è possibile individuare eventuali malattie e scartare il campione.
Il paziente con RE-BONE ottiene pertanto una soluzione risolutiva composta da tessuto osseo quasi completamente rigenerato dal proprio organismo.
Pensi all’orgoglio che avrà quando busseranno alla porta del suo studio pazienti della concorrenza che le sono stati inviati da persone estremamente soddisfatte dal suo lavoro.
Questo le garantirà di avere sempre nuovi pazienti ad alto costo che affollano la sua sala d’attesa, garantendo stabilità alla sua attività nonostante la crisi economica attuale e nonostante quelle cliniche odontoiatriche che abbassano eccessivamente i prezzi.
P.S. Studi dimostrano che, anche in mancanza di patologie pregresse, dopo l’estrazione di un dente, si presenta un riassorbimento osseo del 34%. Per evitarlo, e rendere più longevo il tessuto osseo, è fondamentale utilizzare un biomateriale. II biomateriale in osso bovino è il più studiato e simile all’osso umano.
P.P.S. Utilizzando RE-BONE si uniscono ai benefici del tessuto bovino standard quelli del trattamento a bassa temperatura: RE-BONE lascia gradualmente il posto al nuovo tessuto osseo rigenerato dall’organismo del paziente stesso. Questo permette di avere pazienti felici e che ti inviano i loro amici aumentando la fama e la sicurezza economica del tuo studio.
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